lunedì 7 novembre 2011

Pushkar dall'alto

Nel pieno della notte sento i soliti cori sparati dagli altoparlanti. Penso che no, il mio corpo ha ancora bisogno di sonno, ma loro non smettono e anzi mi chiedo cosa stiano facedno di così importante a quell'ora.
Mi alzo dal letto, nonostante i pantaloni strappati là dove non batte il sole, e vado a vedere dal terrazzo dell'hotel.
Niente.
Tutto quel baccano non viene dalla strada, non c'è nessuna processione, nessun fedele a spargere fiori per strada. Sono solo gli altoparlanti. Scoprirò poi che c'è una sorta di filodiffusione, tutta la città in contemporanea risuana per gli stessi canti. Ossia: non c'è via d'uscita.

Ormai sveglia, cos'altro posso fare se non uscire a fare un giro? Tanto posso fare colazione ovunque.

La strada è poco trafficata, alcuni negozi sono ancora chiusi.
Arrivo al ghat, quello del "pacco turistico" e mi avvicino al lago. Ovviamente qualche biancovestito ci prova, ma ormai sono immune, anche senza braccialetto magico.

Superata la zona dei "riti", comincio a fare il lungolago passando da un ghat all'altro.
Ogni tanto mi siedo e gusto la calma.



questa l'ho proprio rubata. PS: guarda quel cocuzzolo a sinistra con un edificio in cima...
Come a Varanasi, ma in forma un po' più privata e più spiccia, le persone scendono e si immergono nell'acqua che a quanto pare deve essere freddina.
A metà del mio percorso mi siedo sul gradone di un ghat e vengo avvicinata da delle ragazzine. Vogliono una foto. Poi arriva un uomo adulto, anche lui con la stessa richiesta. Insomma, poi in poco tempo vengo chiamata qua e là a fare foto, il che a me va anche bene, così posso fare ritratti senza sentirmi una ladra, anzi.
Ma come fare a fargliele avere? Un uomo che poco prima aveva portato nel lago il figlio, mi scrive l'indirizzo. In hindi.





Proseguo da un ghat all'altro, fino ad arrivare al brahma ghat. Qui sulle gradinate si celebra in forma collettiva lo stesso rito a cui sono stata sottoposta ieri. Sedute sui gradoni delle signore mi chiedono una foto. Poi è la volta di un'anziana coppia. Lui ha dei baffoni bianchi e un sorriso da vero nonno delle favole indiane.

Dal brahma ghat saluto il lago e vado al tempio di brahma, particolarmente importante perchè ce ne sono pochi in tutta l'india. Devo lasciare scarpe, zaino e macchine fotografiche, quindi niente foto. Schiacciata tra la folla, salgo le scale e mi trovo subito in fila per vedere la statua della divinità. Ogni tanto metto i piedi in qualcosa di umido e spero che nessuno osi sputare in un luogo sacro. Arrivata davanti a brahma, un officiante mi spiega cosa devo fare, lancio i fiori che avevo con me e posso andarmene. Così presa dalla ressa e dal cerimoniale - che poi era facile - non ho nanche visto la statua.
Però una volta fuori vedo un fiume di persone che sbuca da una stanza sotterranea. Cerco l'entrata, cosa ci sarà sotto terra??
Mi infilo anche io con gli altri e trovo, in una stanzina chiusa, la statua del lingam. Bagnata e incensata, i fedeli lasciano soldi, fiori e ne prendono l'acqua con le dita
Risalgo e cammino su un pavimento umido e appiccicaticcio. Poi capisco che è il mix delle offerte votive: acqua, latte e zuccherini. Questi ultimi sono in forma di stelline circolari e in certi punti in cui abbondano c'è una marea di api.
Esco, riprendo scarpe e zaino e un ragazzo gentile mi accompagna in scooter vicino al Savitri temple (senza chiedermi soldi)
Qualcuno mi aveva detto che ci si poteva arrivare con un mezzo, tipo un taxi o un autorisciò, ma devo aver capito male. Per raggiungere la cima non c'è altro modo che scarpinare, scarpinare, scarpinare.

Il ragazzo se ne va e mentre guardo il mio obiettivo mi sento un po' in difficoltà. Poi comincio, in fin dei conti sarà difficile ma non impossibile.

All'inizio i gradini sono in cemento e regolari. Ai lati c'è qualche mendicante e anche un uomo con il cobra nella cesta. Il cobra mi fa davvero un po' paura, altro che cervone di cocullo!
Superata affannosamente la zona dei questuanti, finisce il cemento e iniziano i gradoni irregolari in lastre di pietra messe un po' così come capita. Si sale. Quando non ce la faccio più, mi fermo e prendo fiato. Non voglio arrivare allo stremo perchè sono a digiuno, ancora un po' debole e con poca acqua con me, quindi cerco di prenderla con calma.
Trovo dei punti ombreggiati e ventilati, così piacevoli da volerci restare, ma la cima mi aspetta.
Scambio parecchi namaste, ma sono saluti piacevoli, come quando ci si saluta in montagna. Mi guardano incuriositi e i giovani mi chiedono da dove vengo e qual è il mio nome. Gli anziani probabilmente mi chiedono lo stesso, ma lo fanno in hindi ed è un problema peggiore dell'inglese.

Questo posto è frequentata da molti anziani e alla fine mi rassegno a comunicare solo col sorriso e a gesti.
Siamo tutti stanchi insieme.
Una signora sbuffa e chiede al marito di farla riposare. Un'altra di siede vicino a me e mi chiede l'acqua. A malincuore dò l'ultimo sorso alla bottiglia e gliela passo, ma poi lei dice no. Allora gliela metto sulla mano, che si rinfreschi la fronte.
Dei gruppetti si fermano e cantano.
Un anzianotto col turbante mi incoraggia dicendo la cima è quasi vicina.

Gli ultimi metri sono i peggiori, con gradoni ancora più alti, ma ce la faccio e sono al Savitri temple.
Per prima cosa mi fiondo al sacrosanto negozietto che vende bibite per prendere un succo di frutta, poi con calma entro nel tempio vero e proprio.
Salgo alcuni gradini ma il tempio non c'è ancora, c'è invece un largo terrazzo dove i pellegrini, sotto un vistoso cartello che invita al silenzio, si siedono, guardano il panorama e intonano canti.

Altri gradini e sono finalmente al cospetto di Savitri. In fila, davanti al celebrante, rovisto nello zaino e trovo gli zuccherini che mi avevano lasciato dopo il rito-pacco al lago. Glieli porgo, lui svuota metà busta in un barattolone insieme agli altri e l'altra metà me la restituisce. La divinità è rappresentata con una statua d'argento molto pomposa, ma non posso fermarmi troppo tempo a guardarla.
Torno alla terrazza, tra i pellegrini, i loro canti, i balli e le richieste di foto.







La discesa non mi taglia il fiato, ma è difficile, anche per la paura di scivolare sui lastroni e per il timore di avere nuovamente problemi con il ginocchio sinistro.
Dai primi metri un cane comincia a seguirmi, forse perchè gli ho fatto una carezza.
Mi fermo un paio di volte e sempre si avvicina qualcuno per chiedermi qualcosa, o per farmi una foto o per farsela fare, però è piacevole.


Il cane è sempre con me, a volte mi supera per fermarsi all'ombra, oppure scompare per un po', ma poi torna sempre. E' un bel cagnolotto sporco, di quelli da adottare al volo. Peccato non sia possibile.
Finalmente a valle, mi segue finchè non comincia la ressa, poi sparisce.

A ritrovare tutta quella confusione e la musica ad alto volume provo quasi fastidio. Percorro la strada principale perchè ho un altro obiettivo per la giornata: cambiare taglia al paio di pantaloni che ho comprato il giorno prima. Incredibilmente ci riesco, anche se il tipo cerca di dirmi qualcosa che non capisco e alla fine ci spazientiamo tutti e due. Io non consoco bene l'inglese e lui parla in modo incomprensibile: un cattivo mix.

In un bar trovo la coppia del treno per khajuraho. Mi fermo con loro per un po', anche se non è una buona idea perchè mi scende tutta la stanchezza. Mi dicono che domani dovrebbe arrivare a Pushkar Erica, l'americana dello stesso treno.
Non riesco a capire se mi sono simpatici o meno. O forse invidio i loro due mesi di vacanza, le costose macchine fotografiche che lei sa usare bene e la vita che riescono a fare.

Vabbè, finalmente torno in albergo. Un ragazzo pompato tutto muscoli si immerge con un amico nella piscina.
Sarebbe una bella cosa rinfrescarmi così, ma sono troppo stanca.
Doccia e letto mi aspettano.

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