martedì 22 novembre 2011

Il lungo viaggio

Forse perchè all'andata ero più euforica, ma non mi era sembrato un viaggio così lungo.

Il tratto Arambol-Goa è in macchina, coi due israeliani e l'autista per tutta l'ora ci farà sentire a loop un cd di Bob Marley. Il cd ogni tanto salta, ma resiste.
E così, con un sottofondo solare ma velatamente malinconico, guardo le palme, gli accenni di giungla, le case, i fiumi e tutto il resto dal mio finestrino.
E' l'ultima annusata di india, perchè poi ci saranno solo areoporti abbastanza anonimi.

Scendiamo dall'auto, vorrei a dare all'autista la mia scatola di malarone fortunatamente intatta, ma ha fretta di andarsene. Così ripiego sulla solita donna delle pulizie che però non capisce bene cosa le sto dando, ma dopo qualche tentativo capisce la parola malaria e quindi credo abbia tirato le somme.

Nell'attesa dell'imbarco, ci è dato modo di seguire in tv una divertente soap opera indiana dove tutto si svolge in una ricca casa dove le donne danno vita ad intrighi e passioni, mentre gli uomini fanno i duri dallo sguardo tenebroso.

Finalmente si parte, in un'ora abbondante sono nell'areoporto di delhi, dove faccio colazione con un panino mc donald.

Il volo delhi-istanbul è lungo e tutti dormono. Accanto a me un vecchio professore indiano che vive a berlino e ha voglia di chiacchierare. Mi legge anche la mano e in sostanza mi dice che è tutto ok.
E' gentile, mi lascia la sua e-mail chiedendomi di scrivergli, però è anche un pelino azzeccoso e arrivati ad istanbul, dopo i saluti di cortesia, lo mollo.

Istanbul vuol dire sei ore di attesa. Il computer è scarico e le prese non sono compatibili con la mia spina. Dormo alla crudele, accampata sulle poltroncine tra negozi chic e un fiume di gente che passa, ma sono molto stanca e riesco a riposare lo stesso.
Al rieveglio, mangio un hot dog così pessimo che nonostante la fame non riesco a finirlo.

Istanbul-roma mi sembra un viaggio breve. Ormai i volti stranieri cominciano a diminuire e i miei vicini di posto italiani non fanno che fastidiosamente parlare di lavoro tutto il tempo. Dopo un mese, scopro che il mio lettore mp3 è scarico. Passiamo sopra bari, la riconosco, e mi viene voglia di premere il campanello per prenotare la fermata. Ma non è così facile, tocca pazientare ancora.
Arrivata in Italia, devo passare un rapido controllo del passaporto e mi sembra strano parlare in italiano e non dover compilare nulla nè rispondere a tante domande.
Capisco quello che si dicono i dipendenti scherzando tra di loro e nessuno mi guarda come se fossi un elemento esotico. Mi sento a casa, anche se sono ancora lontana da casa e da chi mi conosce.

Roma-bari è un soffio. Il tempo di appoggiarmi allo schienale, crollare in un sonno profondo e svegliarmi all'atterraggio. Non so dire nulla dei miei vicini, di quelo che dicevano, di quello che s poteva vedere dal finestrino, Sono davvero stanca.

All'uscita dell'areoporto c'è Gianni, ecco che ritorno al mio mondo. Ancora un po' di strada e sarò finalmente sotto una doccia calda, tra le mie cose.

Del viaggio non mi resterà che il jet lag.
Dell'india...quello è un altro discorso.

1 commento:

  1. Ciao Arveda. Ma non scrivi più? hai cambiato blog? Fammi sapere

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