martedì 25 ottobre 2011

Kathmanasi

Finalmente una mattina senza sveglia, anche se nell’albergo dalle sei in poi c’è una grande confusione di gente che va a scarpinare in montagna. Colazione con pancake buonissimo e succo di papaja e poi via a spendere gli ultimi soldi. Tornata in albergo ho sistemato lo zaino piegando benissimo le cose e per cercare di economizzare spazio e far imbarcare tutto senza problemi.
Ho chiesto al ragazzo il prezzo del loro taxi per l’aeroporto. Ovviamente ho dovuto contrattare ma alla fine  è sceso quasi della metà.  Ed erano comunque troppi, visto che mi ha fatta salire in macchina con altre persone per cui dietro ci stringevamo in quattro donne. Erano anche americane e sfottevano le situazioni nepalesi che vedevano dai finestrini. Chissà l’autista che pensava.
Avevo contrattato più per principio che per altro. Le rupie nepalesi non sono esportabili e nopn valeva neanche la pena di cambiare due euro scarse. Alla fine era diventato automatico contrattare solo per una questione di autostima, per non sentirmi (troppo) presa in giro. I soldi avanzati li ho dati ad una donna delle pulizie dell'areoporto.
Dopo innumerevoli controlli, un volo tranquillo ma con un pranzo a bordo stranamente misero, eccomi a Varanasi. India. Ma che dispiacere lasciare il Nepal!
India, cielo bianco o beige a seconda dei momenti, India polvere ovunque, India facce scure e meno orientali. Vabbè, ero arrivata.
Delhi non mi aveva segnata molto bene, ma ero pronta per ricominciare tutto daccapo.
Con una bellissima sensazione, ho trovato un cartello con su scritto il mio nome e ho incrociato lo sguardo dell’autista. Un faro! Lo raggiungo e salgo in macchina. Abbiamo attraversato campi e piccoli villaggi, l’aeroporto era lontano dalla città e impieghiamo circa un’ora.

Sempre India, però è diverso.
Arrivata in albergo, la stanza è un po’ angusta però è pulita e c’è tutto quello che mi serve, acqua calda compresa. Dopo la doccia crollo finchè non mi sveglia qualcuno che bussa alla mia porta. E’ il mio contatto di varanasi, un signore alto e magro che si offre di aiutarmi. Io sono davvero stonata, mi sento ancora a Kathmandu e non so da dove cominciare a Varanasi! Però lui non si scompone e mi propone un tour per dopodomani, mentre per domani mi ha invitata a casa sua a cena.
Proprio oggi è cominciata la festa del Diwali e tutte le case qui intorno sono illuminate con file di lampadine, un po’ come da noi a natale.
Io e il tipo ci salutiamo e, oramai sveglia, ne approfitto per scendere in strada e cercare una ricarica per il cellulare. E’ buio, a Delhi con il buio mi serravo in stanza perchè era proprio poco raccomandabile il mio quartiere. Qui sono pur sempre una delle poche donne in giro, ma l’aria non è frenetica, i negozi sono ancora tutti aperti e le vacche gironzolano qua e là. Niente ricarica, ma ho beccato un tipo che è arrivato in aereo con me, un allampanato frikkettone  che non riesco a collocare come nazionalità. Questo per me sta diventando un gioco, guardare una faccia e cercare di capire di dove sia.
Oggi ero in fila per non so quale degli infiniti controlli e guardavo i signori davanti a me. Spostando lo sguardo da un volto all’altro, più che tante persone mi sembrava di veder fluire innumerevoli varianti. I nasi cambiare forma, la pelle colore, i capelli consistenza, gli zigomi sporgenza. Giochi della natura.
Buonanotte.

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